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... Un artista che a vederlo non indovineresti mai quale tipo di pittura e' capace di esprimere quando si concentra con tele e pennelli sottraendosi alle occupazioni quotidiane. Ne' ti dice molto il primo approccio ai suoi quadri, di segno inconfondibile, dove reale e surreale s'impostano in visioni grottesche che stravolgono il comune aspetto della figura umana in composizioni a prima vista ermetiche in cui l'uomo sfuma nella bestia e la bestia in mostro, a rievocare antiche paure o incubi di bambino divorato dalla febbre, e se c'e' accenno di paesaggio, questo rievoca architetture classiche segno di tempi lontani, di altro tempo dal nostro. Tanto che saresti portato a concludere che Giorgio Piga non voglia fere un discorso sull'oggi ne' sulla storia, ma si tenga pago di esprimere una sua sostanza psichica di disadattato, una sua fantasia malata e contorta che niente abbia a che fare con noi, un messaggio incomunicabile. E invece devi avere pazienza di superare il primo impatto ruvido e di leggere dentro quei segni, di decifrare il codice di comunicazione che la sua pittura ti impone deciso e personalissimo. Allora cominci a "vedere" veramente cio' che hanno colto i suoi occhi puntati come laser sul "nostro" reale, e vi scorgi la nostra storia e il nostro presente, una storia e un presente con cui tutti abbiamo un conto aperto che va saldato, e t'accorgi che Giorgio Piga ti vuol dare una mano, insomma ti vuol fare il suo discorso, comunicare il suo messaggio. Un contrasto subito ti risalta stridente fra il modo di rappresentare la donna e quello di rappresentare l'uomo, un contrasto presente in ogni composizione: i volti di donna sono impastati di colori tenui e contornati da linee purissime che li fissano in una eterna stagione quasi adolescenziale; ma in quei volti levigati non c'e' ombra di sorriso, gli occhi sono persi in una lontananza come a cercare l'altro senza mai trovarlo, chiusi in una solitudine irreversibile senza ombra di speranza. Assai spesso le loro chiome morbide finiscono confuse in orribili mostri nei cui contorni si ravvisano i segni di una subumanita' a meta' strada fra l'uomo e l'animale, cerotm aterializzazione di come la donna pensa l'universo maschile intessuto di violenza bruta e di ferina irrazionalita', disperando di poter mai incontrare quel principe azzurro che si ostina tuttavia a cercare coi suoi occhi di fanciulla ormai disincantata. Il piu' delle volte l'altro polo della specie si giustappone alla figura della donna in composizioni esplosive di macabra fantasia, e qui si evidenzia meglio il contrasto delle figura maschili contrassegnate dalla secolare perversione della caccia al potere che le ha rese proterve nei paludamenti sacri o profani dei vincitori o inebetite nei panni miserevoli degli sconfitti, ma anch'essi, gli uomini, irrimediabilmente soli, chiusi nela cieca contemplazione della propria sterile superiorita' o nell'abbiezione quasi avvinazzata della propria esclusione, anch'essi alla ricerca dello sguardo purificatore della donna, storicamente ancora incontaminata dall'esercizio del potere, ma destinati a non incontrarlo mai; almeno finche' l'umanita' non sara' rigenerata in una palingenesi totale che, fatte cadere tutte le sovrastrutture, consenta finalmente l'incontro d'amore. Non so con quale grado di consapevolezza Giorgio Piga trasmette alle sue tele e litografie questo messaggio-anelito che pure emerge con forza dal grottesco delle sue composizioni; se una parte di questo "discorso" scaturisce dalla sfera dell'inconscio come spesso avviene ai pittori e poeti di razza, cio' contribuisce a conferire fascino oscuro ai suoi quadri che sono comunque l'espressione di un animo proteso a conoscere e amare, ma che e' certo contrastato da una storia umana intrisa di folli incomprensioni e folli violenze da cui si leva il lamento dell'individuo consegnato alla solitudine. E c'e' naturalmente in questa visione la conoscenza della storia del sud, ma non solo del sud: una conoscenza amara e risentita di uomo che ha meditato a lungo e ha fatto la scelta di differenziarsi, almeno nell'espressione pittorica, dagli individui del suo stesso sesso; parrebbe anzi che Giorgio Piga affidi ai volti di donna persi in sogni irraggiungibili la sua autobiografia di uomo che non si e' compromesso col Potere e che a modo suo modo lotta contro di esso. Un messaggio che non e' consolatorio, ma stimola a pensare e a mettersi in discussione. Se questa mia lettura ha colto nel segno, Giorgio Piga fa un discorso assai serio e assai moderno, e si colloca fra i pittori piu' morali del nostro tempo.
Maria Marcone
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